Una holding del crimine tra mafia e politica. Una piovra che parla in dialetto romanesco con tentacoli allungati negli appalti pubblici comunali e delle aziende municipalizzate per le aree verdi, la raccolta rifiuti, il settore dell’immigrazione (campi nomadi e centri di accoglienza per i profughi). Un «sodalizio mafioso» che rende vagonate di milioni di euro grazie a un tariffario per i corrotti. Lo rivelano le intercettazioni. Al telefono con Pierina Chiaravalle, Salvatore Buzzi, numero uno della cooperativa «29 giugno» e braccio imprenditoriale dell’organizzazione guidata dall’ex terrorista nero Massimo Carminati chiede: «Tu c’hai idea quanto ce guadagno sugli immigrati? Il traffico di droga rende meno». La maxi operazione della procura di Roma e dei carabinieri del Ros è solo all’inizio. Con 37 arrestati e oltre 100 indagati, le indagini proseguono per accertare i rapporti tra mafia e amministrazione pubblica. Su due canali principali. Quello prettamente politico, grazie alla compiacenza di consiglieri e assessori comunali e regionali. E quello tecnico, con i manager che istruiscono le gare d’appalto e le relative pratiche. Per tutti vale l’accusa di associazione di stampo mafioso. Per la maggior parte quella di corruzione. Ma anche usura ed estorsione.
NOMADI E PROFUGHI: BUSINESS DA 40 MILIONI
Il capitolo immigrazione vede tre attori principali, tutti accusati di associazione mafiosa. Innanzitutto Salvatore Buzzi, la mente operativa del sodalizio, presidente della cooperativa 29 giugno, iscritta alla Legacoop, tra le più grandi e attive in Italia. La cooperativa si occupa anche di manutenzione delle aree verdi e pulizia, ma anche di emergenza abitativa, campi nomadi e profughi. È stato arrestato anche per corruzione aggravata. Il guadagno, dice intercettato, è enorme: «Noi quest’anni abbiamo chiuso…. con quaranta milioni. ma tutti i soldi utili li abbiamo fatti sui zingari, sull’emergenza allogiativa e sugli immigrati, tutti gli altri settori finiscono a zero …..», trasferimento fraudolento di valori e rivelazione di segreto d’ufficio. Secondo i pm guidati dal procuratore Giuseppe Pignatone ha ottenuto appalti grazie a Luca Odevaine, ex vicecapo di gabinetto dell’ex sindaco di Roma, Walter Veltroni, e dal 2006 direttore del Gabinetto del Comune di Roma. Odevaine, si legge nell’ordinanza del gip Flavia Costantini, «siede al Tavolo di Coordinamento Nazionale sull’accoglienza per i richiedenti e titolari di protezione internazionale, quale rappresentante dell’Unione delle Province Italiane». Intercettato, Odevaine afferma: «Un mio intervento al ministero immigrazione ha fatto in modo che… lo Sprar a Roma… fosse portato a 2.500 posti». In un’altra circostanza, parla con un collaboratore di Buzzi (Coltellacci, arrestato anche lui) sull’importanza delle tangenti ricevute. Coltellacci: «Fatturo cinque milioni… quanto guadagno, ‘na piotta?… se fatturo due milioni te posso (inc.) 90 mila euro». E Odevaine risponde: «È chiaro… che cazzo te frega…». Uomo di fiducia di Odevaine è Mario Schina, anche lui arrestato, dal 2005 al 2007, durante la giunta Veltroni, responsabile del Decoro urbano del Comune di Roma. Sempre Buzzi svela: «Lo sai a Luca (Odevaine, ndr) quanto gli do? Cinquemila euro al mese… ogni mese… ed io ne piglio quattromila. Invece a Schina millecinquecento euro al mese. Ad un altro che tiene i rapporti con Zingaretti 2500 al mese. E poi un altro che tiene i rapporti con il Comune 1.500, un altro a 750… e poi all’assessore vanno 10mila euro al mese».
LE “STECCHE” PER LA GESTIONE DI PARCHI E RIFIUTI
«Er ciccione, Mancini… è lui che ce sta a passa’ i lavori buoni e je damo le steccate». Le «steccate» sono le tangenti pagate da Buzzi & Co a Riccardo Mancini (in manette per corruzione oltre che come tutti per associazione mafiosa), da sempre vicino all’estrema destra romana e in particolare a quella dell’Eur. Ex ad dell’Ente Eur in passato venne indagato per la tangente pagata da una società legata al Gruppo Finmeccanica per i filobus della Laurentina.
Punto di riferimento, tra il 2008 e il 2013, del sindaco Alemanno per tutte le questioni della Mobilità del Comune di Roma, agevolava gli appalti per la sistemazione di parchi e giardini dell’Eur. Gli affari del verde pubblico sfiorano anche la Marco Polo spa (joint venture inserita in Acea, Ama ed Eur nel cui cda siede Mancini). Tra i dirigenti coinvolti c’è Luigi Lausi (indagato per associazione di stampo mafioso) che tra l’altro era l’amministratore (nominato dal tribunale) dei beni sequestrati all’ex tesoriere della Margherita Luigi Lusi, condannato in primo grado per appropriazione indebita di fondi del partito per 25 milioni di euro. Uomo di Alemanno al Comune e amico di Mancini è l’altro arrestato Franco Panzironi, detto «Tanca», ex amministratore delegato dell’Ama e rinviato a giudizio nel 2012 per oltre 841 assunzioni irregolari presso l’azienda che smaltisce i rifiuti nel Comune di Roma. Dalle indagini dei carabinieri del Ros di Roma guidati dal colonnello Stefano Russo emerge il suo ruolo di «cerniera» con l’Ama per gli appalti assegnati sui rifiuti. Panzironi, secondo la pubblica accusa, facilitava i rapporti con il Comune e agevolava lo stanziamento dei fondi e intascava 15 mila euro al mese. Mentre il manager del servizio giardini, Turella (indagato) ne percepiva 25mila rispetto l’iniziale «promessa di 40mila euro per l’emergenza maltempo».E a gestire il libro nero delle tangenti era una donna. Il libro mastro della «partita doppia del dare e avere delle tangenti» era amministrato Nadia Cerrito, ora in carcere. Nel libro sono riportati anche «i costi illegali sostenuti – scrive il gip – dall’organizzazione per il raggiungimento del suo scopo nel settore economico-istituzionale».
LE MANI DEL NERO PER LA COMMISSIONE TRASPARENZA
Alla faccia della trasparenza. Ci sarebbe quasi da ridere se non fosse che ci troviamo di fronte a una Cupola senza precedenti nella capitale. L’emblema dell’intreccio mafia-politica sta nell’intervento del boss Massimo Carminati – il «Nero» di Romanzo Criminale – per la nomina del presidente della Commissione trasparenza della giunta Alemanno. Il consigliere Pdl Giovanni Quarzo (indagato per associazione mafiosa) lasciò il Pdl per passare al gruppo misto per poter essere nominato presidente della Commissione trasparenza. Lo aiutò, secondo i pm Prestipino, Cascini, Ielo e Tescaroli, proprio l’ex terrorista Nar, che in precedenza gli aveva anche organizzato «una squadra de ragazzi che vengono e te fanno attacchinaggio, glieli sto a fa’ pure per Quarzo». Quarzo chiede inizialmente l’appoggio a Fabrizio Franco Testa, arrestato, che si rivolge a Luca Gramazio (consigliere regionale del Pdl, indagato per associazione mafiosa, corruzione aggravata e illecito finanziamento ai partiti). La palla poi passa a Carminati che, intercettato, afferma: «Mo’ te sto a guarda’ ’sta cosa per la..(…) commissione trasparenza, mo devo parlare con coso, con Michele». Carminati lascia per caso intendere che dietro all’incarico di Quarzo c’è il sindaco Alemanno? «Attiverò chi di dovere. Devo parlare con l’uomo che controlla il capogruppo del gruppo misto». Si tratta forse dell’ex sindaco? Una nomina, comunque, condivisa, per la pubblica accusa, anche dal presidente del consiglio comunale Pd Mirko Coratti (si è dimesso subito dopo aver ricevuto l’avviso di garanzia). Gramazio confida: «Per Quarzo sono tutti d’accordo col presidente del consiglio». Che anche all’epoca era Coratti. Per associazione di stampo mafioso indagati anche Antonio Lucarelli, braccio destro di Alemanno e Tommaso Luzzi, uomo fidato di Carminati e sindaco di Sacrofano». È proprio il «Nero», a proposito di un appalto per la raccolta rifiuti in cui serve l’appoggio del sindaco, a sentenziare: «Luzzi non può fare altro. Lo abbiamo sostenuto noi. E poi sta sotto la cappella di Gramazio perché i soldi arrivano dalla Regione e se non fa come vogliamo noi Luca (Gramazio, ndr) gli blocca i fondi».