Le motovedette donate alla Libia diventano un caso
No grazie, è tutta propaganda. La Libia sembrava voler respingere l’offerta dell’Italia pronta a donare 12 motovedette per i salvataggi in mare e rifiutare la mossa del governo italiano che nasconderebbe finalità poco chiare. Il portavoce della Guardia costiera di Tripoli, l’ammiraglio Ayoub Qassem, contattato dall’Agi, ha bollato come “propaganda politica” l’invio delle motovedette annunciato nei giorni scorsi dal ministro dell’Interno Matteo Salvini all’indomani del fragile accordo raggiunto dai paesi europeo basato appunto sulla capacità di soccorso in mare della Libia. Una presa di posizione però che contrasta con quella del Capo di Stato maggiore della Marina libica, l’ammiraglio Salem Rahuma. Rahuma ha infatti al contrario auspicato che l’Italia fornisca “il prima possibile” altri mezzi alla Guardia costiera di Tripoli per affrontare il traffico di esseri umani e fare “il bene” dei migranti. “Abbiamo un una collaborazione molto forte con l’Italia: sono sicuro che l’Italia appoggerà ancora di più la Marina e la Guardia costiera” libiche, ha detto l’ammiraglio all’Ansa. “Vorrei che questi aiuti arrivino il prima possibile. Sono sicuro che arriveranno per il bene dei migranti”, ha aggiunto.
Dunque, un segno di distenzione dopo l’affondo di Qassem, che da giorni è il punto di riferimento per le informazioni sulle operazioni di soccorso nel Mediterraneo. “Si tratta di gommoni che non ci serviranno a nulla e che non useremo – ha dichiarato – li respingiamo e chiediamo all’Italia di chiarire le sue posizioni e che intenzioni abbia perché ancora non lo abbiamo capito. Vogliamo sapere quali aiuti darà il governo italiano alla Libia e si tratterà di aiuti concreti o solo di pura propaganda, visto che i gommoni annunciati sono più piccoli delle imbarcazioni che usano i trafficanti”. L’ammiraglio è convinto che “l’Italia voglia fare i propri interessi sfruttando la Libia e il popolo libico”.
Dei mezzi e della formazione agli equipaggi aveva parlato appunto Salvini pochi giorni fa, subito dopo aver chiuso i porti alle navi delle Ong. E mentre i leader europei cercavano definizioni di ruoli e competenze, e Italia e Malta litigavano su chi dovesse farsi carico degli interventi, è arrivato il naufragio che è costato la vita a 100 migranti tra cui tre bambini. Pesanti le accuse della Ong spagnola Open Arms: “I 100 morti colpa della Guardia costiera italiana e libica”.
Nei fatti, mentre le navi umanitarie sono state fatte fuori dal Mediterraneo – ma, vedi ieri, hanno continuato a soccorrere le persone in difficoltà (59 ora sono dirette a Barcellona) – la Guardia costiera italiana ha ceduto il coordinamento dei soccorsi a Tripoli. La “flotta” della Guardia costiera libica è però ancora quella: quattro motovedette, classe Bigliani, dismesse dalla Guardia di finanza, donate da Berlusconi a Gheddafi nel 2011, danneggiate durante la guerra, riportate in Italia per riparazioni e ridonate l’anno scorso, prima due e poi altre due, dal governo Gentiloni. Mezzi vecchi, con pochissime dotazioni di bordo e un numero limitato di personale all’altezza formato nei mesi scorsi in Italia. Nulla a che fare con gli assetti della Guardia costiera italiana che nel pattugliamento nel Mediterraneo ha fin qui schierato due navi, la Diciotti e la Dattilo e sei motovedette d’altura.